Mi è sempre piaciuto viaggiare. Lo considero il mio spiccare il volo, librarmi sulla quotidianità, lasciare tutto quello che so e immergermi nello sconosciuto. Amo la sensazione di non capirci niente, perché so che subito dopo arriva quella che mi spinge a cercare di capire e il più delle volte, a riuscirci. Poi non ho potuto farlo più, o almeno non come volevo, per tutta una serie di allineamenti planetari di merda. Così ho imparato a guardarmi meglio attorno, a cercare quella sensazione nei luoghi che pensavo di conoscere da sempre, scoprendo con somma sorpresa, che avevano ancora qualcosa da regalarmi.
Sono sempre stata una persona che ama sentirsi libera, fare quello che sente, dire quello che sente. Ballo, studio, insegno, faccio il mio lavoro, bevo un bicchiere di vino con le mie amiche e lo faccio con gioia. Poi mi hanno chiusa in casa. Allora ho cercato di uscire in un altro modo, fare quello che amo in un altro modo, vivere in un altro modo. Non certo nel modo in cui avrei voluto o che conoscevo, ma in un modo che è pur sempre mio.
So che ci sarà una fine e che presto o tardi tornerà una sorta di normalità. Non la chiamo tragedia, perché le tragedie chi le ha vissute sa che non sono queste, ma la chiamo pausa che fa paura e cerco di impiegare le mie energie per fare del mio meglio per sopravvivere. Non me la prendo con nessuno, ed è una risorsa che non hanno tutti. Ho imparato ad adattarmi, ad accettare, a lasciare andare, a trovare un modo, perché un modo c’è, quasi sempre. Quindi grazie mamma, papà e vita.
Perché so che ce la posso fare.
Anche stravolta.
Adesso esco e vado comprarmi un panetto di lievito, sperando di arrivare a fine giornata senza che nessuno rompa i coglioni. Sì, lo so, sono ambiziosa.